martedì 29 dicembre 2009

lunedì 14 settembre 2009

giochiamo a fare il piccolo chimico


Finalmente mi sono arrivati tutti i test ed ora in questa triste giornata di pioggia mi diletto a fare il piccolo chimico.

Poi li riportero' sul sito delle analisi, molto carino http://www.reefportal.it che ti da la possibilità di monitorare l'andamento della vasca nel tempo e pubblicare il link con i risultati nei vari forum con tag apposito.

Ecco i risultati:

densita 1024 salinità 34

ph 8,5

no2 0

no3 40

kh 9.7

alk 3.45

ca 480

mg 1380

po4 0


I test che uso sono:
PH test jbl (ottimo)
Ca sera o jbl
Mg sera.
po4 prodac
Salifert per KH No2 e No3

di cui allego le istruzioni in italiano visto che nella scatola ci sono solo in tedesco e inglese.

TEST SALIFERT KH/ALCALINITA’

· A)Mettete nel contenitore trasparente, usando la siringa da 5 ml, 4 ml di acqua del vostro acquario nel contenitore per il test. 8per una precisione più bassa ma per un maggior numero di test usate 2ml invece di 4

· B)Scuotete la boccetta contagocce del KH-Ind e aggiungetene due gocce nel contenitore per il test (1 goccia nella modalità a bassa precisione)

· C) Inserite fortemente la punta di plastica sulla siringa da 1 ml e riempitele di reagente KH sino a che il punto più basso della parte nera del pistone è esattamente su 1.00 ml. L’aria presente nella siringa non influenza il test.

· D)Aggiungete goccia a goccia con la siringa da 1 ml il reagente KH all’acqua nel recipiente per il test. Agitate, dopo ogni goccia, per uno o due secondi. Continuate così sino a che il liquido non cambierà da un colore blu/verde ad un colore arancio-rosso o rosato.

· E)Tenete la siringa difronte a voi con la punta rivolta verso l’alto e leggete la posizione, ora della parte superiore, della parte nera del pistone. La siringa è graduata in intervalli di 0.01 ml. Leggete il KH o AK attraverso la tavola di comparazione oppure calcolatelo come segue. KH in dKH=(1-valore letto allo stadio E)x16 Alk in meq/l=(1-valore letto allo stadio E)x5.71
Se avete scelto la bassa precisione moltiplicate per due. L’acqua marina in natura ha un KH di 8 o un alcalinità di 2,9.
Il reagente KH-Ind contiene un colorante, prestate attenzione a non macchiare i tessuti. Tenere lontano dalla portata dei bambini.



TEST SALIFERT NITRATI (NO3)
La temperatura dell’acqua dovrebbe essere sopra i 18 °C, altrimenti la colorazione non viene raggiunta entro 60 secondi.
Tenere lontano dalla portata dei bambini. Non commestibile.

ESECUZIONE DEL TEST
1) Inserire 1.0 ml dell’acqua da testare nell’apposito contenitore.
2) Aggiungere un cucchiaio raso di NO3-1 e mescolare delicatamente per 10 secondi.
3) Aggiungere un cucchiaio raso di NO3-2, mescolare lentamente per 30 secondi e poi attendere per 3 minuti.
4) Appoggiare la provetta aperta sulla scala graduata, osservarla DALL'ALTO e leggere il valore corrispondente; se risulta praticamente zero allora si osservi la provetta DI LATO con la scala colorimetrica dietro, si legga il valore corrispondente e lo si divida x 10.

Ricapitolando:
Vista dall'alto NON DIVIDI x 10.
Visto di lato DIVIDI per 10.

Attenzione: 1ml è pochissimo ed è facile interpretare male un colore..
Il mio consiglio è quello di usare sempre la stessa fonte di luce per i successivi test in modo da capire il più minimo cambiamento (es: luce acquario, luce solare..).

SALIFERT NITRITI TEST
risciacquare la provetta e con la siringa in dotazione aggiungere 1 ml di acqua, aggiungere 1 cucchiaino (in dotazione)del reagente NO2-1 agitare per 20sec, attendere 3 minuti e controllare il colore

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martedì 8 settembre 2009

LE MODIFICHE AL MIO ACQUARIO



Come anticipato ieri ho terminato la modifica all'acquario marino
Ho aggiunto infatti una nuova sump con refugium annesso.

posto alcune foto

Seguiranno post dettagliati con la descrizione dell'impianto.

ciao a tutti
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domenica 6 settembre 2009

coralli sps, coralli lps, coralli molli...

Una piccola spiegazione sui coralli tragtto dal blog tutto coralli

Ecco la prima foto, è un esempio di corallo sps, Seriatopora Hystrix.
Corallo a crescita molto rapida e non molto esigente per quanto riguarda luce e corrente.

















Questa immagine ritrae invece un corallo duro lps, quindi a polipo grande.
E' una Fungia, la cui caratteristica tipica è di essere un polipo solitario, che quindi non vive sulle rocce, ma su un substrato sabbioso















Questo invece è un corallo molle del genere Sinularia; è sostenuto semplicemente dalla presenza di acqua nei suoi tessuti e dalla presenza di piccole spine calcaree attorno al fusto del coralli


Io sono un acquariofilo da diversi anni ed ora ho modificato il mio vecchio acquario con una nuova sump e tracimatore tunze, pompa di risalita silent della tunze, piccolo refugium con fondo jaubert.
illuminazione hqi da 250 watt.

prossimamente posterò delle foto delle modifiche e terrò un diario fotografico sulle novità
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martedì 1 settembre 2009

Da oggi anche gli alberi ci stanno uccidendo???


ALBERI KILLER????


Leggendo un numero di Acer mi è caduto l'occhio su questo bizzarro articolo che spiega come un albero sotto forte stress vegetativo può contribuire a produrre ozono nella troposfera.. riporto quanto segue ...

La lettura dell’articolo “The man who smells the forests” (“L’uomo che annusa le foreste”) pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature (vol. 459, 28 maggio 2009), offre lo spunto per alcune riflessioni su un argomento che, più di una volta, ha trovato spazio sui nostri maggiori quotidiani con articoli che, spesso, hanno “demonizzato” gli alberi ed ai quali difficilmente è stato concesso diritto di replica.

È noto e documentato che le piante emettono, seppur in modo molto diverso da specie a specie, composti organici volatili (biogenic volatile organic compounds, BVOCs) come isoprene e monoterpeni. Questi composti reagiscono nell’atmosfera con gli ossidi di azoto (NOx) per formare ozono. Pur non essendo completamente conosciute le loro funzioni essenziali, essi potrebbero svolgere un ruolo dinamico nelle strategie adattive a fattori di stress; tra le ipotesi dominano quelle relative ad un fattore di protezione contro i parassiti (ad esempio, mediante l’attrazione dei nemici naturali), allo stress termico (mediante stabilizzazione delle membrane) ed ossidativo e al potere deterrente contro gli erbivori.

Sebbene il loro contributo possa essere ridotto rispetto ad altre sorgenti, l’emissione di BVOCs dalle piante potrebbe esacerbare i problemi legati all’inquinamento. È, comunque, da rimarcare che alberi che sono ben adattati e che hanno ottimi tassi di crescita in certi ambienti non dovrebbero essere sostituiti solo perché emettono BVOCs. La quantità di emissioni di CO2 ed altri inquinanti gassosi e di particolato, prodotte per gestire un albero che emette una limitata quantità di composti organici volatili, ma che non è adatto ad una certa zona o che richiede eccessivi interventi gestionali (es. irrigazioni, potature, ecc), potrebbe essere considerevole e controbilanciare ogni possibile beneficio derivante dalla limitata produzione di questi composti.

Mi preme sottolineare che gli alberi non dovrebbero essere accusati di essere delle fonti di inquinamento, perché i benefici netti della loro presenza sulla qualità dell’aria e sulla riduzione delle emissione antropiche, compensano largamente le possibili conseguenze dell’emissione di BVOC sulla concentrazione di ozono.

Deve essere messo in risalto che l’effetto della aree verdi sulla produzione di ozono sono stati evidenziati in epoca recente dalla comunità scientifica, cosicché le ricerche condotte non hanno ancora consentito di trarre delle conclusioni univoche. Alcuni studi hanno quantificato l’effetto dei BVOC sulla formazione di ozono, ma nessuno ha fornito conclusioni esaustive sull’influenza della cosiddetta “foresta urbana”. Come affermato da Penuelas e Lluisà (Science, 3, 2003) fra le provate e non provate funzioni dei BVOCs ci sono alcune indicazioni scientifiche sul fatto che questi composti possano proteggere le piante dalle alte temperature. L’emissione di queste sostanze potrebbe perciò aumentare con il riscaldamento globale e con altri fattori associati al global change, includendo anche il cambiamento della copertura del suolo. Questo aumento di emissioni potrebbe contribuire in modo significativo (attraverso meccanismi di feedback negativi e positivi) ai complessi processi associati al global warming, ma su questo ci sono ancora molte questioni non chiarite.

Non tutte le specie di alberi, comunque, emettono elevate quantità di BVOCs. È, pertanto, auspicabile che venga posta una certa attenzione nella scelta delle specie, considerando che, per esempio, alcune latifoglie del genere Eucalyptus (adesso classificate come Corymbia), Liquidambar, Robinia, Liriodendron, Populus, Quercus, Platanus (Plane), Salix e, essenzialmente, tutte le conifere, producono elevate quantità do isoprenoidi volatili, mentre altre come Acer e Tilia hanno potenziali di emissione limitati in condizioni ottimali di salute (Niinemets and Penuelas, 2008).

In relazione a quanto emerge dalle ricerche condotte, appare necessario il monitoraggio delle emissioni dalla vegetazione urbana, anche allo scopo di fornire indicazioni per l’attuazione di una corretta politica ambientale tendente all’abbattimento delle emissioni antropogeniche in aree dove la relazione con composti biogenici può portare alla formazione di ozono. Emerge, quindi, l’importanza di condurre ricerche su questo argomento a vario livello, sia di base che applicativo per dare risposte certe ed evitare che l’opinione pubblica venga influenzata da informazioni errate e prive di fondamento scientifico o, anche qualora esso sia presente, sia interpretato, più o meno surrettiziamente, in modo inesatto. Ciò può innescare una spirale di retroazione negativa in un Paese, come il nostro, che già fa pochissimo per il rispetto di essere viventi dai quali, è bene ricordarselo, dipende la nostra stessa esistenza.

Piantare alberi è uno dei presupposti di gran parte dei programmi di miglioramento ambientale delle principali istituzioni internazionali che si occupano di ambiente e, nel presente di scenario di cambiamenti globali (non solo climatici), la scelta delle piante da inserire nelle aree verdi delle nostre città non può e non deve avvenire solo su basi estetiche o limitando la scelta alle sole specie indigene, ma deve tener conto del potenziale "contributo" ambientale che le specie che saranno messe a dimora potranno apportare.

Appare perciò necessario che questa scelta debba essere basata su altri parametri come la quota d’inquinanti rimossi dalla vegetazione, il miglioramento, in percentuale, della qualità dell’aria, l’emissione oraria e giornaliera dei composti organici volatili da parte della pianta, ed il relativo impatto sulla genesi di ozono e di monossido di carbonio annuali; l’ammontare totale del carbonio organicato, l’effetto del bosco urbano sull’efficienza energetica nella zona confinante, la produzione di polline e allergeni, l’evapotraspirazione e la conseguente modifica del microclima.

I risultati presenti in letteratura, tuttavia, non sono sempre direttamente applicabili in Italia, sia per una diversità di condizioni pedoclimatiche, sia per un diverso contesto sociale, culturale ed economico e necessitano una revisione completa con l’elaborazione di modelli originali che tengano in considerazione anche la specificità della flora e degli assetti urbanistici riscontrabili nelle varie zona d’Italia.

Proprio per questo sono in corso, in Italia e, soprattutto, all'Estero, numerosi progetti di ricerca che vedono coinvolti gruppi di ricerca multidisciplinari, che affrontano le problematiche legate ad una visione globale del verde multifunzionale ormai considerato come un vero e proprio ecosistema diversificato ed ecologicamente stabilizzato che assicuri, alla comunità, quelle condizioni di sostenibilità ormai divenute condizione indispensabile nella gestione del verde urbano e periurbano.

È mia personale opinione che il lavoro di questi gruppi debba avere un’eco altrettanto importante sulle maggiori testate nazionali che nella scelta del titolo o nei contenuti di articoli rischiano di creare nella comunità un’opinione errata e, ripeto, fuorviante, col rischio di vanificare il lavoro che ricercatori di tutto il mondo stanno portando avanti con difficoltà a causa della cronica mancanza di finanziamenti su questo tema di fondamentale importanza per la qualità della nostra vita.

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mercoledì 19 agosto 2009

LE MANGROVIE

In questa guida voglio riportare alcuni dati che ho trovato in rete per la coltivazione delle mangrovie



Manuale di conoscenza e coltivazione delle mangrovie


Quali sono i benefici della coltivazione delle mangrovie

Oltre alla sensazione esotica, sono un ottimo filtro per l'acqua, assorbendo materiali organici, fosfati, nitrati, ecc. dall'acqua.

In un acquario d'acqua salata, dal volume di circa 200 litri, sono state aggiunte all'habitat 8 mangrovie con piccole radici. Ovviamente i nitrati in una giornata sono stati “mangiati” quasi completamente.

(William Horst from Eastern PA Reef Club's Newsletter articles )

A. Thiel ha condotto una ricerca speciale. Tre acquari dal volume di circa 80 litri e tre acquari con le mangrovie. Ogni acquario aveva approssimativamente circa 10 kg. di rocce vive. Ognuno aveva lo stesso schiumatoio.

Le mangrovie ovviamente lavoravano molto efficacemente nell'eliminare nitrati e fosfati, che sono la causa principale dei problemi di alghe.

Io non ho effettuato nessuna misurazione.

Inizialmente, il mio acquario con i Periophthalmus aveva acqua nera, e tutto si era ricoperto di alghe lunghe (simili alle alghe a barba nere). Tutto aveva l’aspetto di una palude, il che, ad ogni modo, non disturbava i pesci. Dopo, a mano a mano che le mangrovie le crescevano, l'acqua ha iniziato ad essere pulita, e le alghe sono diminuite. Più tardi, dopo l'aggiunta di altre mangrovie, l'acqua è diventato molto pulita e le alghe sono scomparse, è rimasta soltanto quella specie di muschio verde che copre i pezzi di legno sopra il livello dell'acqua.

Finalmente ho smesso di cambiare l'acqua nell'acquario, per aggiungerne soltanto un po’ per sostituire quella evaporata. Nitrati e fosfati sono quasi a zero.

Quante mangrovie sono necessarie per ottenere l'effetto desiderato? Autori differenti raccomandano numeri differenti - solitamente si consiglia un albero ogni 10-20 litri d'acqua. Gli alberi giovani possono essere usati in grande numero. Ma in seguito, quando diventano più grandi, bisogna rimuoverne qualcuno, altrimenti non avranno abbastanza materiale organico. Oppure, potete fornire prodotti organici supplementari in acqua.

La cosa che dovete ricordarvi sempre quando coltivate le mangrovie (o qualsiasi altra cosa relativa all'acquario) è la pazienza. I risultati ci saranno soltanto dopo un paio di mesi, ma ci saranno

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presentazione blog

Ciao a tutti

da oggi anche io voglio sperimentare lo stupendo mondo dei blogger.

Infatti ho aperto questo nuovo blog per approfondire tutto quello che mi interessa (sfera personale, professionale e hobbistica)

In particolare in ..."tra un blog e l'altro" si tratterà di :

ACQURIOLOGIA
LE MITICHE MANGROVIE
METODI NUOVI DI GUADAGNO SUL WEB
GIARDINAGGIO E BOTANICA
ARCHITETTURA e BIOARCHITETTURA
POLITA
e anche un pò di CORICOLTURA.

Poco per volta inserirò alcuni post e fotografie...... e attendo il vostro contributo

ciao atutti
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LE MIE OFFERTE